Addio Alitalia
La sera del 14 ottobre, un amico con cui sono in contatto tramite la “chat” di un’associazione culturale, mi ha inviato la registrazione in viva voce del seguente messaggio: “Signore e Signori, benvenuti a Roma. Mi chiamo Marco D’Ippolito, sono il pilota che vi ha condotto da Bari fino a qui insieme al mio collega Maurizio, con gli assistenti di volo Marco, Clarissa, Flora e Camillo. Per tutti noi è stato l’ultimo volo con Alitalia, con il tricolore. Avrete sentito e probabilmente sentirete molte cose sulla nostra Compagnia ma tutti noi vi possiamo assicurare che a portarvi e ad avervi portato in giro per il mondo è stato un grande privilegio che abbiamo sempre vissuto con il cuore. La nostra storia, soprattutto quella di Alitalia, si conclude qua. Auguri a tutti noi e soprattutto a voi, con la certezza che troverete altri colleghi nostri che vi porteranno in giro per il mondo con la sicurezza e con la grande passione di sempre. Arrivederci.” Confesso che queste parole mi hanno profondamente colpito; andavano a sostituire la classica frase standard “Benvenuti a Roma. Grazie per aver volato con noi, speriamo di avervi di nuovo a bordo in una prossima occasione” Dal 14 ottobre, però, per l’Alitalia di occasioni non ce ne saranno più.
Ho inserito nella “chat” i miei sentimenti di delusione e dispiacere per la scomparsa della nostra Compagnia di bandiera, pur essendo stato spesso critico nei confronti della sua gestione da parte dei vari gruppi dirigenti che si sono alternati negli anni. Forse, esternare il mio sconforto è stato un errore! Perché, in risposta, oltre a molte identità di vedute da parte di vari colleghi, ho potuto leggere anche qualche fredda considerazione del tipo “Era un carrozzone allo sbando. Doveva finire così. Niente sentimentalismi”. Premesso che condivido pienamente le critiche alla gestione scellerata dell’Alitalia e alla necessità di mettere fine ad un’attività in continuo deficit, senza nessuna prospettiva di risanamento ( anzi si sarebbe dovuto chiuderla molto prima), non credo si possa accettare che la perdita di un’azienda, vanto nazionale per molti anni, venga percepita come una vittoria in campo economico e non come una sconfitta in termini politici, economici, gestionali e di capacità di sviluppo e di tutela di quelle che sono le eccellenze del nostro Paese, che dovrebbero sempre volare alto, visto che siamo in tema, considerando le storiche capacità del nostro popolo in tutti i campi, non ultimo quello aeronautico.
Inoltre, tornando con i piedi sulla terra, non so quale sarà il futuro del Comandante Marco D’Ippolito, del suo equipaggio e degli oltre 8000 dipendenti Alitalia che, per il momento, sono fuori dal mondo del lavoro per colpe certamente non loro! Questo già sarebbe sufficiente a far venire il magone. Le parole del pilota D’Ippolito sanciscono ufficialmente la fine, comunque annunciata, della nostra Compagnia di bandiera ma vi assicuro che ascoltate in viva voce da una registrazione sonora, creano sicuramente un forte impatto emotivo, in particolare per chi, come me, ha operato per 40 anni nel mondo dell’aviazione, anche se mai in Alitalia. E’un pezzo di storia italiana che se ne va. Dalle sue ceneri nascerà ITA, una nuova Compagnia, molto ridimensionata per numero di dipendenti e di aerei; spero che non ci penalizzi, come abruzzesi, subentrando all’Alitalia nei movimenti da e per l’aeroporto di Pescara. Non posso non ricordare le parole di alcuni miei zii che, tantissimi anni fa, tornavano da Caracas solo con la nostra Compagnia di bandiera e alle mie domande del perché non utilizzassero anche altri vettori, spesso più economici, rispondevano che, una volta a bordo dell’areo con i nostri colori, si sentivano già a casa con 10 ore di anticipo. Rivendico, pertanto, il diritto di indignarmi quando la politica e le cattive gestioni distruggono le nostre aziende ma anche il diritto di esprimere apertamente, come cittadino italiano, delusione, rammarico e dispiacere quando ciò avviene.
Antonio Di Gregorio